SAMIC Sound Archives & Musical Instruments Collections
un progetto dell’Università di Torino per il Museo del Paesaggio Sonoro
Il progetto
Sound Archives & Musical Instruments Collection (SAMIC) è un progetto di Ateneo di durata triennale finanziato dalla Compagnia di San Paolo.
Il progetto ha ricevuto il ranking top priority in seguito a valutazione indipendente di European Science Foundation (http://www.esf.org) ed è stato selezionato tra i 16 progetti di ateneo nell’ambito delle Social Sciences and Humanities vincitori del linea di ricerca Research for the Territory (Ricerca per il Territorio).
Il progetto realizza il primo CMS (Content Management System) nazionale e il primo sistema Linked Open Data dedicato alla catalogazione digitale di strumenti musicali. Il popolamento campione e il test generale del CMS viene condotto sugli strumenti della collezione Torta del Museo del Paesaggio Sonoro (circa 250 schede catalografiche) rendendo disponibili a partire dal novembre 2018 dati catalografici, fotografie e modelli 3D ad alta risoluzione degli strumenti musicali.
Una seconda parte del progetto è dedicata alla proposta di una policy disciplinare per la corretta digitalizzazione e conservazione dei supporti audio utilizzati nella ricerca sul campo in etnomusicologia. Questa parte del lavoro prende inoltre in considerazione i principali standard catalografici nazionali e internazionali per l’identificazione dei supporti audiovisivi e per la descrizione dei contenuti di interesse etnomusicologico formulando proposte per una descrizione catalografica integrata.
Design dell’applicativo
Per la gestione del catalogo digitale del Museo, il progetta utilizza Collective Access, software indicato dalla Direzione Generale Archivi come una delle soluzioni open source per uno sviluppo sostenibile dei sistemi informativi di archivi e musei.
Il software è stato configurato in base a un data model che integra diversi standard di descrizione dello strumento musicale: la “Scheda Guizzi”, il data model di MIMO (Musical Instrument Museums Online) e la scheda SM 4.0 dell’ICCD. Il processo di armonizzazione è stato realizzato secondo tre principi: efficacia catalografica, interoperabilità semantica, predisposizione alla digitalizzazione.
La “Scheda Guizzi”, sul cui modello è stato compilato il catalogo pregresso del Museo, è stata sottoposta a una sostanziale revisione, volta da un lato a ottimizzare la digitalizzazione del contenuto informativo, dall’altro a garantire la compatibilità con gli altri due standard di riferimento (MIMO, ICCD-SM). Ne risulta un data model di circa 200 campi, organizzato in sezioni che supportano il ricercatore nelle diverse fasi di analisi dello strumento.
Il CMS del Museo è inoltre alimentato da una serie di vocabolari controllati, che possono essere estesi dal catalogatore direttamente dall’interfaccia di back end. Per garantire un alto livello di interoperabilità, accessibilità e persistenza ai vocabolari controllati più significativi del dominio, abbiamo sperimentato un processo di esternalizzazione che si appoggia alla piattaforma di Wikidata, il progetto della Wikimedia Foundation per costituire una base di conoscenza libera e collaborativa. A questo scopo Collective Access è stato dotato di un plugin che consente di interrogare l’endpoint SPARQL di Wikidata: chi cataloga può attingere direttamente alla knowledge base di Wikidata per definire e acquisire informazioni sui seguenti ambiti: classificazione Hornbostel-Sachs, materiali, nazionalità, enti e persone. Contestualmente, la revisione di Febo Guizzi della sistematica Hornbostel-Sachs è stata digitalizzata, strutturata in un classi (in italiano e in inglese) e caricata su Wikidata.
L’uso di una piattaforma libera esterna per la gestione dei vocabolari controllati garantisce che essi siano accessibili, editabili e riutilizzabili nell’ambito di altri progetti di catalogazione degli strumenti musicali.
Inoltre, il catalogo risulta già arricchito dagli interlink con i Linked Open Data presenti su Wikidata, che possono essere sfruttati in successive fasi di visualizzazione del catalogo o di integrazione con fonti eterogenee.
Fig. I. Application and interoperability design.
La classificazione Hornbostel-Sachs
Pubblicato nel 1914 nello Zeitschrift für Ethnologie,il “tentativo di sistematica degli strumenti musicali” (Systematik der Musikinstrumente. Ein Versuch) di Erich von Hornbostel e Curt Sachs costituisce ancora oggi lo strumento principale per la classificazione degli strumenti musicali. Tradotto in inglese nel 1961 da Anthony Baines e Klaus Wachsmann (The Galpin Society Journal, 14), se ne fornisce qui la revisione che Febo Guizzi preparò in occasione delle giornate di studio internazionali Reflecting on Hornbostel-Sachs Versuch a Century Later organizzate dalla Fondazione Levi a Venezia il 3-4 luglio 2015. Il testo, originariamente in italiano, costituisce un’ulteriore elaborazione della Sistematicatradotta in italiano e pubblicata in appendice al volume Gli strumenti della musica popolare in Italia (Lucca, Lim, 2002). Nella sezione Documentazione (cfr. infra) la Sistematica è disponibile nella traduzione in inglese che sarà pubblicata negli atti del convegno di Venezia, in corso di stampa presso la Fondazione Levi. La traduzione è a cura di Cristina Ghirardini e Matilda Colarossi, che hanno mantenuto la versione inglese di Baines e Wachsmann nell’introduzione e nei taxa che, rispetto alla versione originale, rimangono invariati. Le aggiunte e le revisioni di Febo Guizzi sono in blu.
Oltre a questa, il progetto tiene conto della revisione della classificazione Hornbostel-Sachs elaborata dal MIMO working group for classification and thesauri presieduto da Margaret Birley (http://www.mimo-international.com/documents/Hornbostel%20Sachs.pdf), basata anch’essa sulla traduzione inglese del 1961 di Anthony Baines e Klaus Wachsmann, arricchita delle proposte di modifica di Jeremy Montagu (“It’s time to look at the Hornbostel-Sachs again”, Muzyka, 2009, 1, pp. 7-28), da ulteriori emendamenti suggeriti da Arnold Myers e da altri partecipanti al processo di revisione e infine provvista della classe degli Elettrofoni elaborata da Maarten Quanten (Stéphanie Weisser, Maarten Quanten, “Rethinking Musical Instrument Classification. Towards a Modular Approach to the Hornbostel-Sachs System”, Yearbook for Traditional Music, 43, 2011, pp. 122-146).
La collezione Torta e il Museo del Paesaggio Sonoro
I momenti più straordinari per coloro che scelgono di dedicarsi allo studio degli strumenti musicali, specie agli strumenti di interesse etnomusicologico, sono quelli in cui, dopo avere passato anni a conoscere la letteratura organologica, tramite affezionati maestri, libri, registrazioni audiovisive, musei, questi fortunati ricercatori incontrano persone che custodiscono un sapere sugli strumenti musicali equivalente a quello accademico per profondità e complessità, ma proveniente dalla vita reale. Proprio questo ci è successo quando, insieme al nostro professore Febo Guizzi, abbiamo conosciuto Domenico Torta. Facendosi portavoce di tante persone che prima di lui e con lui si erano scambiate informazioni, avevano giocato, ballato, cacciato, riso, celebrato ricorrenze, comunicato con gli animali, usando gli stessi strumenti musicali e dispositivi sonori descritti da pagine e pagine di etnomusicologi, organologi ed etnografi, Domenico Torta ci ha dimostrato, aprendoci la sua casa, che quel mondo sonoro e quegli strumenti, che credevamo ormai lontani e consegnati alla storia, sono a due passi da noi e raccontano un mondo di relazioni tra viventi umani e non umani che non ha mai cessato di esistere, ma che si è solo trasformato e, anzi, in qualche modo può ancora far parte del nostro presente.
Forte della sua esperienza, Domenico Torta ha raccolto nel suo percorso di musicista, ma anche di insegnante e compositore, tutto ciò che a Riva presso Chieri e dintorni è servito a uomini e donne per vivere con la musica e con il suono e per costruire relazioni con gli animali e l’ambiente. Dunque, giocattoli sonori, richiami da caccia, strumenti musicali effimeri costruiti con corteccia e steli vegetali, strumenti da strepito della settimana santa, strumenti e dispositivi sonori per le formazioni della musica da ballo, campane, il tutto accompagnato da attrezzi, fotografie, registrazioni sonore. Dispositivi sonori arcaici e diffusi pressoché ovunque nei cinque continenti insieme ad adattamenti legati alle circostanze del fare musica in Piemonte hanno a lungo sollecitato la sua creatività musicale, e ora anche la nostra.
Dopo che Domenico Torta per anni aveva esposto questi straordinari documenti (pronti ad essere ricostruiti e messi in funzione) in occasione di festival musicali ed eventi ai quali partecipava in veste di musicista con i Musicanti di Riva presso Chieri, nel 2005 abbiamo collaborato con lui alla creazione di una esposizione provvisoria nell’ultimo piano di Palazzo Grosso, che tuttavia già chiamavamo Civico Museo del Paesaggio Sonoro. Nel 2011, grazie ad una rete virtuosa tessuta dall’amministrazione comunale di Riva presso Chieri, è stato possibile inaugurare il vero e proprio Museo del Paesaggio Sonoro, con un allestimento dello Studio Bodà di Torino, su un progetto di Domenico Torta e Guido Raschieri, con il contributo della Compagnia di San Paolo. È questo il patrimonio che con questo progetto ci accingiamo a divulgare con gli strumenti dell’attuale tecnologia digitale e che crediamo custodisca conoscenze ancora oggi necessarie per vivere.
Risorse mediali etnomusicologiche
Esistono attualmente in Italia diverse basi di dati catalografiche dedicate a risorse mediali di interesse etnomusicologico, ognuna delle quali è implementata da tecnologie (principalmente CMS e RDBMS) e norme catalografiche diverse.
Le ragioni storiche di questa diversità sono molteplici e si devono da un lato all’eterogeneità dei contenuti catalogati, alle diverse tipologie di supporti, alla diversa sensibilità e finalità di ogni istituzione, alla presenza di ecosistemi digitali e/o infrastrutture regionali con autonome linee guida. Allo stato dell’arte non esiste dunque uno standard normativo condiviso in ambito etnomusicologico.
Ogni normativa catalografica ha punti di forza e punti di debolezza in relazione all’aderenza dell’apparato descrittivo a risorse materiali e immateriali di interesse etnomusicologico. L’assenza di uno standard catalografico unitario per i documenti audiovisivi è un problema che trascende peraltro l’ambito disciplinare dell’etnomusicologia. L’eterogeneità costituisce da un lato una ricchezza, perché preserva la specificità e le peculiari sensibilità di ogni archivio digitale nei confronti degli oggetti materiali e immateriali catalogati, evitando l’imposizione dell’alto di norme troppo rigide e di altrettanto rigidi processi di patrimonializzazione e reificazione del patrimonio culturale; dall’altro la diversità di approcci costituisce al contempo un problema per l’accessibilità e visibilità delle risorse sul piano nazionale e internazionale.
Una parte del nostro progetto è dedicata al censimento delle principali norme catalografiche esistenti dedicate a risorse mediali di interesse etnomusicologico e alla proposta di un’architettura che tramite i Linked Open Data possa realizzare una convergenza tra norme diverse. Un’iniziativa correlata alla precedente è la proposta di una policy disciplinare per la digitalizzazione e il corretto trattamento di supporti analogici e digitali correntemente utilizzati o utilizzati in passato nella ricerca sul campo in etnomusicologia.
Modelli 3D ad alta risoluzione degli strumenti musicali
Negli ultimi anni le possibilità offerte dal web e dalle tecnologie cellulari per la visualizzazione 3D hanno permesso una rapida disseminazione di modelli 3D e dati connessi a beni mobili e immobili. Questo approccio è oggi popolare nel campo della valorizzazione dei beni culturali e molti musei in tutto il mondo hanno cominciato a digitalizzare le proprie opere d’arte. In questo scenario la parte più critica è la realizzazione di modelli 3D affidabili in grado di riprodurre accuratamente le forme degli oggetti analizzati. Le metodiche più utilizzate sono le tecniche di modellazione image-based e range-based. La prima è usualmente connessa all’uso di immagini digitali processate utilizzando tecniche di computer visionfotogrammetriche (SfM – Structure from Motion); la seconda comporta l’acquisizione di forme geometriche tridimensionali utilizzando sensori attivi ed è attuata comunemente per mezzo del LiDAR (Light Detection and Ranging), comunemente detto laser scanner.
Nel corso del progetto il Laboratorio di Geomatica per i Beni Culturali del Politecnico di Torino (Dipartimento di Architettura e Design – DAD) e il Laboratorio Arvedi di Diagnostica non Invasiva dell’Università di Pavia (Centro Interdipartimentale di Studi e Ricerche per la Conservazione del Patrimonio Culturale dell’Università di Pavia – CISRiC) hanno utilizzato entrambe le tecniche per la digitalizzazione di una serie di strumenti musicali e oggetti sonori conservati presso il Museo del Paesaggio Sonoro di Riva presso Chieri. Gli strumenti prescelti sono un torototela, una tabella utilizzata per i riti della Settimana Santa, un rombo, un frullo, un flauto globulare, un quagliere con fischietto di legno, un quagliere con fischietto d’osso e due mirliton idiofonici (ravi o cuse). Ognuno di questi oggetti è composto da materiali eterogenei (legno, metallo, terracotta, pelle, osso).
Poiché l’obiettivo è la realizzazione di repliche molto accurate degli strumenti (modelli con precisione sub-millimetrica) utilizzate sia per scopi di disseminazione che di ricerca, abbiamo utilizzato un laser scanner a triangolazione ad alta risoluzione e un’acquisizione fotogrammetrica completa con una fotocamera digitale da 50,3 MPixel. Lo scanner impiegato è un RS3 Integrated Scanner (laser scanner a triangolazione con un’accuratezza di 30 µm) montato su un braccio mobile 7DoF (Romer Absolute Arm 7-Axis “SI”) entrambi prodotti dalla Hexagon Metrology. Questo tipo di scanner può produrre modelli 3D accurati in scala 1:1 senza textures. Può lavorare con superfici riflettenti e non riflettenti ma può presentare alcuni problemi con aree molto scure, repentini cambi di colore o parti non raggiungibili dal laser. Per la parte di acquisizione e per il data processing sono stati utilizzati sia software commerciali che open source.
L’acquisizione di immagini close-range è stata realizzata utilizzando una Canon Eos 5SDR con una lente macroZeiss 50mm, intervenendo sulle condizioni di illuminazione allo scopo di ottenere modelli 3D testurizzati con forme e texture accurate senza sfocature, ombre o riflessioni. Dopo l’acquisizione le immagini sono state processate in attraverso un software SfM commerciale per ottenere i modelli 3D finali. Al fine di scalare gli oggetti durante il processo sono state utilizzate diverse barre di misura.
Uno degli obiettivi del progetto è la valutazione completa delle due metodologie seguite, considerando qualità e accuratezza dei modelli 3D, sostenibilità del workflow, usabilità ed efficacia dei modelli realizzati in termini di disseminazione, miglioramento dell’analisi scientifica e delle conoscenze acquisite rispetto alle metodiche analitiche tradizionali.
Fig. II. On the left, 3D photogrammetric models of a clay whistle and a whirling disc; on the right, 3D LiDAR models of an idiophonic mirliton and a hunting call for quails.
Credits
Testi di Ilario Meandri, Cristina Ghirardini, Guido Raschieri, Giorgio Bevilacqua, Elisa Salvalaggio, Filiberto Chiabrando, Giacomo Patrucco, Marco Malagodi, Piercarlo Dondi.
Il progetto SAMIC è stato concepito e scritto da Ilario Meandri, Cristina Ghirardini e Giorgio Bevilacqua.
Èquipe di ricerca:
1. Dr. Giorgio Bevilacqua, Accademia dei Lincei fellow, Synapta s.r.l.
➢ Ruolo: sviluppo CMS, sviluppo e concezione architettura di sistema, sviluppo LOD
2. Prof.ssa Annarita Colturato, Università di Torino, Dip.to di Studi Umanistici
➢ CV
➢ Ruolo: consulente
3. Prof. Filiberto Chiabrando, Arch. Giacomo Patrucco, Politecnico di Torino, Dip.to di Architettura e Design, Laboratorio di Fotogrammetria e Geomatica per i Beni culturali.
➢ Curricula/pagina personale: Chiabrando – Patrucco
➢ Ruolo: fotogrammetria digitale e modelli 3D
4. Ph.D. Cristina Ghirardini, Università di Torino, Dip.to di Studi Umanistici
➢ CV
➢ Ruolo: sviluppo del progetto, vocabolari controllati, catalogazione di strumenti musicali
5. Prof. Marco Malagodi e Ph.D. Piercarlo Dondi, Università di Pavia – CISRiC, Laboratorio Arvedidi Diagnostica non Invasiva
➢ Curricola: Malagodi – Dondi
➢ Ruolo: Modelli 3D LiDAR
6. Prof. Ilario Meandri, Università di Torino, Dip.to di Studi Umanistici
➢ CV
➢ Ruolo: Principal Investigator
7. Prof. Guido Raschieri, Università di Torino, Dip.to di Studi Umanistici
➢ CV
➢ Ruolo: sviluppo progetto, relazioni con il museo del Paesaggio Sonoro
8. Dr. Elisa Salvalaggio, ANAI Piemonte e Valle d’Aosta
➢ Ruolo: risorse audiovisive e standard catalografici
Documentazione